La Mongolia è uno dei pochi Paesi al mondo che sa regalare ancora emozioni pure. E’ la terra leggendaria di Gengis Khan, più vivo che mai, degli sciamani, dei bambini monaci che recitano gli antichi mantra in monasteri sperduti, dei nomadi legati senza compromessi ai riti antichi e ai ritmi feroci della natura; delle mandrie di cavalli, cammelli e yak ma anche degli animali rari e selvatici che popolano scenari stupefacenti di steppe, deserti, montagne, laghi, foreste e quel cielo così alto e luminoso che sembra appartenere a un altro pianeta. La Mongolia custodisce due anime. Quella dolce e antica dei nomadi che vivono silenziosi nelle gher, le candide tende di feltro appoggiate a un territorio grande cinque volte l’Italia e schiacciato, non solo geograficamente, tra Russia e Cina. E poi c’è l’anima disorientata della capitale Ulaanbaatar, una sorta di meteorite occidentale precipitato al centro dell’Asia: una città strana, gelida e affascinante, lontana e familiare insieme, piena di belle sorprese. Un viaggio senza compromessi che saprà incantare anche per le sue memorie leggendarie, come Karakorum, l’antico centro dell’impero più grande della storia, o per i “giacimenti” di dinosauri rinvenuti nel Gobi, o per i suoi aspetti più spirituali, come i monasteri di Amarbayasgalant, Gandan e Erdene Zuu, oltre alle meraviglie naturali entrate nel patrimonio dell’umanità. (dalla scheda del libro “MONGOLIA – L’ultimo paradiso dei nomadi guerrieri” di Federico Pistone, Polaris 2008.)