Ancora oggi nell’India pur modernizzata e in parte occidentalizzata, il divino è presente nella quotidianità della gente come in nessun altro Paese. E’ nel contadino che tocca la terra prima di uscire di casa al mattino, è nel gesto di versare alcune gocce d’acqua sul cibo prima di mangiarlo; è nel modo stesso in cui la gente si saluta. Noi ci stringiamo la mano dopo averla aperta per mostrare che non nascondiamo armi, qui la gente unisce le mani al petto e si dice reciprocamente “namastè”: saluto la divinità che è in te. In India tutto è permeato dalla forza di una intensa sacralità; anche le immagini più crude che a volte colpiscono noi occidentali come un pugno nello stomaco hanno, inserite in quel contesto, la capacità di “aprirci la mente”. La religione indiana è ossessivamente presente in ogni immagine che questo paese offre al nostro sguardo: è nella folla di Calcutta, nell’odore dolciastro dei vicoli di Benares, nelle sublimi torri dei templi del sud. Il pensiero occidentale si snoda nell’intreccio sacro-tempo avendo cura di non sciogliere il vincolo fondante; quello indiano si sviluppa non curandosi di dare un senso alla realtà.L’errore da non commettere è di tradurre la celebrazione indiana del sacro con parametri occidentali, perchè si rischia, in questa drammatica commistione, di elaborare un confronto da cui Oriente ed Occidente escono ugualmente impoveriti e diversamente sconfitti.
Tiziano Terzani